sabato 7 aprile 2018

Vorrei svegliarmi Domani

Pubblichiamo sul nostro blog un articolo del nostro "direttore" Edoardo Mauro, risultato selezionato tra gli scritti che verranno pubblicati nel prossimo numero monografico della rivista nazionale "Nazione Futura" dedicato al concorso "Pensiamo l'Italia del Futuro"


Il cast del film "Basilicata Coast to Coast" (2010).
Da sinistra: Max Gazzè, Alessandro Gassmann,
Paolo Briguglia, Rocco Papaleo e Giovanna
Mezzogiorno.
Raccontare un Paese vuol dire raccontare ciò che lo rende unico. Osservare con occhio attento la storia e le narrazioni delle sue peculiarità, delle sue realtà, delle sue incongruenze e delle sue miserie. Raccontare un Paese vuol dire saper guardare e tramandare le storie dei suoi protagonisti. Mettere un Paese a nudo davanti all'inchiostro ci porta ad accettarlo nel bene e nel male: bisogna riconoscerne i limiti, coglierne le bellezze, riscoprirne le capacità che spesso nasconde.
Il racconto dell’Italia passa inevitabilmente da alcune storie che fedelmente ci descrivono un presente in cui intravedere il futuro.
Questa storia ci porta a Sud. Oltre Roma, oltre Eboli.
La Basilicata è una regione paesaggisticamente meravigliosa, tra lo Jonio ed il Tirreno, tra grandi pascoli e vette appenniniche. Una regione che racchiude tra Maratea e Metaponto una malinconica bellezza, un territorio che vive tra un passato denso di storia ed un futuro incerto, immerso nella meridionale rassegnazione, ancora abbandonato a quel “niente” che Carlo Levi raccontava tra le pagine del capolavoro Cristo si è fermato ad Eboli.
Matera è capoluogo di provincia ed insieme estremo riassunto della realtà. Questa città, in cui Mel Gibson girò il suo fortunato La Passione di Cristo e Pier Paolo Pasolini ambientò Il Vangelo secondo Matteo, è stata scelta come Capitale della Cultura Europea 2019. Una bella vittoria sul resto d’Italia, visto che la città ha prevalso con 7 voti su 13 su Ravenna, Cagliari, Lecce, Perugia e Siena. Una grande vetrina italiana sul resto d’Europa e del mondo.
Tra i Sassi dovrebbero arrivare richiamati dall'evento circa 5 milioni di turisti che, però, potranno raggiungere la città lucana soltanto in autobus da Salerno o da Bari. Oppure con le littorine a diesel delle ferrovie Apulo-Lucane (di proprietà del Ministero dei Trasporti) che arrancano su un binario inaugurato nel 1915.
In teoria, una linea costruita dalle Ferrovie dello Stato ci sarebbe: la tratta Matera-Ferrandina, iniziata nel 1985, non è stata mai ultimata per la mancata elettrificazione della linea. E così oggi, su quei binari mai utilizzati, pascolano capre e mucche. Nella fatiscente stazione poco fuori Matera, in località “La Martella”, volteggiano tra le biglietterie i fantasmi dell’ennesima occasione italiana mancata. Il tutto per la modica cifra di 500 miliardi di vecchie lire ed una promessa del presidente del Consiglio Zanardelli che va avanti dal 1902.
Nell'Italia del futuro, vorrei che queste “questioni” fossero un lontano ricordo. Che quelle ferrovie mancanti, quei ponti mai costruiti, quei treni mai arrivati siano un brutto sogno in un’epoca da immaginare lontana. Nella mia Italia del domani, abitare in una terra finalmente bellissima, senza rabbia, senza rancori, senza il timore del domani non sarà più utopia. Abbiamo bisogno di una terra piena di prospettiva, dove gli investimenti in cultura e infrastrutture non scompaiano nel clientelismo, nell'oscena gestione politica di chi mi ha preceduto. Ecco cosa vorrei in un Mezzogiorno finalmente amato dai suoi figli non più maledetti.
Rocco Papaleo in Basilicata Coast to Coast canta tra le note jazz di Basilicata on my mind: “La Basilicata è come il concetto di Dio: ci credi o non ci credi”. Io credo nella Basilicata. Sono convinto che Matera possa avere ciò che merita e con lei tutta questa terra spesso dimenticata.
Tornare a credere significa anche ripensare un Mezzogiorno non più come copia malriuscita del Nord che per tempi, storia e infrastrutture viaggia su binari diversi. Bisogna rinquadrare il Sud al centro di una sua autonomia, di una sua personale visione di crescita e sviluppo. Che guardi al Mediterraneo per reggersi sulle sue gambe, nella sua naturale connotazione geografica e culturale. Che catapulti la storica questione da “meridionale” a “nazionale”, perché un Sud che continua ad arrancare nella sua consolidata povertà trascina con sé anche tutto il resto d’Italia. Ovviamente senz'alcuno sconto di pena per i suoi figli che hanno svenduto e per le classi dirigenti che hanno barbaramente amministrato e condotto questa zona d’Europa ad avere le percentuali di crescita tra le più basse, con un tasso di occupazione sotto di 35 punti percentuali rispetto alla media UE. Scrive Franco Cassano nel suo libro Il Pensiero Meridiano (Editori Laterza, 1996) “Pensiero meridiano vuol dire fondamentalmente questo: restituire al Sud l’antica dignità di soggetto di pensiero, interrompere una lunga sequenza in cui esso è stato pensato da altri. Tutto questo non vuol dire indulgenza per il localismo […]. Al contrario un pensiero meridiano ha il compito di pensare il Sud con maggior rigore e durezza, ha il dovere di vendere e combatte iuxsta propria principia la devastante vendita all’incanto che gli stessi meridionali hanno organizzato delle proprie terre”.
Nell'Italia del domani, vorrei che un’altra storia, la mia storia, fosse scritta con parole diverse. La mia storia, come quella di moltissimi altri. Tutti, vittime di una Paese che odia i suoi figli.
Sono nato a Galatina, nel Salento dei “mari del tonno” di Vittore Fiore e delle aride zolle di Luglio. Il mio Salento di Bodini, “così sgradito da doverti amare”. Cresciuto nella lentezza dei riti della Settimana Santa, nel paganesimo delle radici greche, nel dialetto dei vecchi. Mi sono trasferito a Milano dopo il liceo, per studiare e probabilmente lavorare. Un viaggio fatto da migliaia prima di me. Lontano da casa e da una realtà che ci aveva messo al mondo per risputarci altrove. Persi, nell'inesorabilità di un destino scritto da sempre nei discorsi dei miei genitori. “Vane, fiju miu, vane”. Vai, figlio mio, vai. E non guardarti indietro, perché non c’è nulla che tu possa salvare.
Mi vorrei svegliare domani in un’Italia in cui quelli come me non siano costretti a prendere un treno di notte, tra le lacrime e gli addii strazianti, per andare via in cerca di possibilità. Vorrei far colazione domani, in un’Italia senza padri che mangiano il futuro dei figli, senza il loro egoismo infame chiamato debito pubblico e disoccupazione giovanile al 32%. Vorrei leggere il giornale domani, in un’Italia meritocratica, onesta, solidale, libera da raccomandazioni e santi in paradiso. Vorrei baciare mia madre sulla fronte domani, in un’Italia in cui si possa fare impresa per aiutare il territorio.
In cui si possa sognare senza rimanere costantemente delusi.
Vorrei svegliarmi domani mattina e sentirmi un fiero italiano. In un Paese, una Patria, una Nazione, finalmente la più bella del mondo.
Edoardo Mauro

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