sabato 21 settembre 2019

sulla consapevolezza che ci manca

Cosa spinge un ragazzo (ma potrebbe anche essere un adulto) più o meno dotato di raziocinio a poggiare sul davanzale di una finestra altrui (o in un’aiuola) la sua bottiglia di birra vuota? Cosa lo porta a pensare che dopo di lui passerà qualcuno che si farà carico di quell’oggetto depositato senza un motivo? Forse pensa che la rimozione della sua installazione non abbia un costo? E forse pensa che quel costo lui e i suoi conoscenti non se lo ritroveranno caricato in bolletta? O forse pensa che quella bottiglia di vetro si smaterializzerà allo scoccare della mezzanotte o che da quel vetro nasceranno tante farfalle colorate?
E cosa spinge un automobilista ad abbassare il finestrino in corsa per gettare il suo rifiuto sul ciglio della provinciale (che poi uno che si comporta così, il rifiuto lo tiene in macchina e lo incontra ogni volta che si guarda allo specchio)? Che cosa passa nel cervello (ammesso che poi ce ne abbia uno) di un qualsiasi cittadino che scelga di sbarazzarsi di un frigo vecchio, di un divano rotto, di un cesso appena sostituito in una stradina di campagna quando invece esiste un servizio totalmente gratuito che lo ritira dall’uscio di casa senza sforzo?
Possibile che sia solo una questione di maggiori controlli? Possibile che si abbia bisogno solo di vigili, di polizia, di carabinieri, di vigili del fuoco, di finanzieri, di artificieri, di protezione civile, di esorcisti, di spaventapasseri... con la minaccia di sanzioni di cui sono portatori e che non sia sufficiente amare la propria città, il proprio territorio, la propria porzione di terra per comportarsi come delle persone... semplicemente normali? Possibile che serva sempre e soltanto la repressione e che una volta, una sola volta, magari questa volta, non si possa fare affidamento sull’educazione, sulla cultura, sulla voglia di lasciare ai propri figli un mondo un tantino migliore di quello che che si è trovato?
Per la generazione che la vive, la terra è patria in quanto terra dei padri, di generazioni cioè che l’hanno vissuta e custodita per tramandarla a chi c’è oggi. Ma per noi deve necessariamente diventare terra dei figli, da preservare e tramandare alle generazioni che verranno altrimenti avremo spezzato la catena di solidarietà intergenerazionale e avremo creato solo un buco nero al posto del nostro posto nel mondo. Ecco, più che repressione ci vuole consapevolezza di ciò che abbiamo tra le mani e di ciò che rischiamo di rovinare compromettendo al tempo stesso il futuro dei nostri figli. Il resto sono cazzate, sono scuse: le telecamere, i controlli, le sanzioni, i divieti, gli incentivi, lo sguardo cattivo del poliziotto che multa. Tutte cazzate. Se non scatta la molla della consapevolezza stiamo solo perdendo tempo. Non si può controllare il mondo, ogni centimetro di questa terra, ogni comportamento di ogni idiota qualsiasi. E anche se fosse giusto farlo - e non lo è - non servirebbe a nulla perché poi ci vorrebbero altrettante persone a controllare le riprese raccolte, a spedire le sanzioni, a sostenere le proprie ragioni in contenziosi che ovviamente ci saranno e... e intanto quella merda che avete gettato dal finestrino della vostra auto sarà ancora lì, magari con tanto di foto segnaletica su Facebook e altrettanto finto clamore mediatico.
Si continui pure a invocare telecamere. Io auspico una rivoluzione culturale che passi anche e soprattutto dal controllo sociale, dall’educazione collettiva, dalla voglia di preservare e conservare il bello. E dalla necessità di farlo tutti insieme, senza delegare all’autorità costituita, alle forze di polizia, a chi è delegato a sanzionare. Prendendosi ognuno il proprio spicchio di responsabilità.
Pierantonio De Matteis