giovedì 11 aprile 2019

L'Europa che può cambiare in meglio: basta lavorarci

Continua la nostra rassegna di idee e opinioni sull'Europa in vista delle delle prossime elezioni europee. Oggi Alberto Venuto ci guida tra le grandi opportunità che l'UE ha messo a disposizione, dalla fine del roaming selvaggio fino alle nuove legislazioni in materia ambientale e agroalimentare. Tutela del territorio, delle produzioni, delle persone. Basta solo crederci e lavorarci. (In fondo alla pagina troverete gli altri articoli pubblicati nelle scorse settimane su questo tema)

Unione Europea, questo è uno dei temi principe su cui ai giorni nostri si dividono le opinioni politiche italiane, tra europeisti e antieuropeisti, tra i quali possiamo annoverare i neonazionalisti, identificati oggi come sovranisti. Secondo loro l’UE ci ha privato di sovranità appunto, imponendoci migliaia di regole e normative su tutti i fronti, dall’agroalimentare all’edilizia, dal settore finanziario a quello industriale. Non esiste ad oggi un ambito in cui non sia presente l’UE. La critica sulla mancanza di sovranità si fonde al risentimento per le mancate politiche di solidarietà in materia economica e di immigrazione. Ma questo è un argomento che merita una discussione a parte. Vorrei concentrarmi sulle decisioni dell’UE che hanno cambiato in meglio la nostra vita, una serie di provvedimenti impossibili senza il parlamento di Strasburgo, e di cui spesso ci si dimentica. Pensate alla fine roaming selvaggio: niente più sovrapprezzi per chi viaggia in UE, la tassa occulta per chiamare e usare app di messagistica non esiste più. Il regolamento Gdpr tutela la privacy di tutti i cittadini europei, i nostri dati sensibili sono protetti e chi li riceve si impegna a non usarli per altri fini (pena multe salate e risarcimenti). Si chiama Team (tessera europea di assicurazione sanitaria), altro non è che la cosiddetta tessera sanitaria: ci consente di avere cure gratuite in qualsiasi paese dell’Unione, e si tratta di cure medicalmente necessarie, quindi non solo quelle urgenti. Emergenze ?? Non so chi chiamare ? C’è il numero unico di emergenza europeo, il 112 (esiste dal 2008, ma in Italia è arrivato solo nel 2017): ovunque mi trovo, un solo numero. Il cellulare non prende ? Nessun problema, componendo il 112, ci si aggancia automaticamente alla rete disponibile, qualsiasi essa sia. Iban e company: effettuare pagamenti in euro all’interno dell’area Sepa (essa comprende ben 36 stati sovrani, molti di più dei 28 dell’Unione) è molto più semplice perché iban e bic, dal 2016, valgono come coordinate bancarie in UE e non solo e questo significa pagamenti standardizzati, più veloci meno costosi. Come dimenticare il progetto erasmus: un grande passo verso l’integrazione europea di cui hanno beneficiato 9 milioni di giovani, che con il contributo economico dell’unione europea hanno potuto accrescere il loro bagaglio culturale, le loro conoscenze e attitudini, mettendole a frutto nel loro paese e nel mercato del lavoro una volta finiti gli studi. Il marchio Ce è obbligatorio per la commercializzazione di un’infinità di prodotti all’interno del mercato europeo, esso compare su quasi tutto ciò che usiamo, rendendolo sicuro per la nostra salute e conforme a tutte le norme in materia di progettazione, produzione, smaltimento, ecc.
Un lungo elenco sarebbe quello della legislazione in materia ambientale: senza di essa l’Italia sarebbe rimasta molto indietro, con problemi per l’ambiente e la salute dei cittadini molto più gravi quelli attuali. Basta ricordare le direttive acqua (del 2000) e alluvioni (del 2007), che impongono la pianificazione e la prevenzione in materia di disastri naturali e qualità delle acqua; gli obiettivi sul riciclaggio, le restrizioni sugli scarichi dei depuratori, il pacchetto economia circolare, i limiti sulle emissioni degli edifici e degli autoveicoli (nonostante questo la pianura padana è l’area più inquinata del continente, immaginiamo cosa sarebbe senza le direttive europee). L’elenco sarebbe lunghissimo, ma ricordo solo l’ultimo grande traguardo, la messa al bando della plastica usa e getta a partire dal 2021.
Riusciamo ad immaginare come sarebbe la nostra vita senza tutto ciò ? Questa è la migliore risposta a chi parla senza cognizione di causa di una Italexit come risoluzione di tutti i problemi esistenti nel nostro paese.
Certamente molte normative hanno penalizzato alcuni settori della nostra economia, ad esempio, il settore agroalimentare. Ma quante volte questo è stato reso possibile grazie all’inerzia e all’assenteismo degli europarlamentari italiani ? Un esempio su tutti: nel 2009 la commissione europea diede il via libera alla commercializzazione di vino rosè ottenuto dal mescolamento di vini bianchi e rossi. Un durissimo colpo per il settore vitivinicolo italiano, in barba alle tutte le produzioni IGP, DOC, DOCG e via dicendo. Peccato che pochi svelarono il rovescio della medaglia: la totale assenza di eurodeputati italiani in sede decisionale. Ci vollero sei mesi per far cambiare la decisione (dopo ricorsi, impugnazioni, ecc.): intanto per quel semestre vari produttori europei poterono ingegnarsi in discutibili miscugli. A proposito di assenze: tutti gli schieramenti politici italiani, Lega compresa,  concordano sulla revisione dell’ormai famoso trattato di Dublino sulla redistribuzione dei richiedenti asilo. A giugno 2018 si erano già svolte 22 riunioni sulla riforma del suddetto trattato, e la Lega aveva nominato come relatore il futuro ministro della famiglia Lorenzo Fontana. In quante è stato presente ? Nessuna (sì, nessuna). E’ facile criticare l’unione europea senza neanche provare ad impegnarsi per cambiare le cose, perdendo inoltre molta credibilità. Sappiamo tutti che l’UE non è perfetta e che molte cose andrebbero cambiate, ma il modo migliore per farlo non è sicuramente lamentarsi e gridare allo scandalo a giochi ormai conclusi. Iniziamo a chieder conto sull’operato dei nostri europarlamentari.
Alberto Venuto

Leggi qui l'articolo di Edoardo Mauro "Ciò che conta in Europa saranno i contenuti"
Leggi qui l'articolo di Gabriele Giaccari "Il grande bluff delle elezioni europee"

venerdì 5 aprile 2019

Il grande bluff delle elezioni europee

Continua sul blog di Andare Oltre la rassegna di idee e opinioni sul tema delle elezioni europee! Dopo l'articolo di apertura del nostro "direttore" Edoardo Mauro (per chi volesse rileggerlo, troverete il link alla fine di questa pagina) oggi è il turno di Gabriele Giaccari. Con un'analisi senza peli sulla lingua, Gabriele parla schiettamente e ci presenta un quadro chiaro su quello che, secondo lui, dovremmo aspettarci nel prossimo futuro europeo.

La sede del parlamento europeo a Strasburgo, in Francia
È sempre un piacere scrivere di politica. Anche quando questo significa addentrarsi negli aspri meandri della fantascienza. Perché, quando si cerca di parlare di politica europea, si sfocia nel fantasy più spinto senza però avere la bravura e la grande immaginazione di Martin o senza avere il genio di Tolkien. Infatti, come si può parlare di politica se non c’è nulla di politico in Europa?  C’è davvero chi ancora crede alla favoletta che con il voto degli elettori europei si possono determinare le sorti - politiche e non - di questa Europa? Cosa potrebbe mai cambiare se a “vincere” le prossime elezioni siano i cosidetti “sovranisti” ovvero i “fondamentalisti europeisti” quali PPE o il S&D? Siete davvero convinti che se la coalizione “sovranista” dovesse risultare vincente, il giorno dopo le elezioni i confini nazionali saranno addobbati con muri, fili spinati, frontiere e militari armati? O, al contrario, siete sicuri che se vincessero gli “europeisti ante litteram” l’Europa sarà bellissima e unitissima?

Suvvia, un po’ di realismo!

Finché l’Europa sarà un’accozzaglia indefinita di autonomi Stati sovrani, parlare di Europa unita sarà alquanto inutile.
Ne sono la dimostrazione vari episodi che si sono succeduti nel corso degli ultimi anni: risatina Merkel - Sarkozy alla domanda su Berlusconi; militari schierati da Francia ed Austria sulla frontiera italiana; consegna illegali di immigrati sulla frontiera; protezionismo francese nei confronti di Fincantieri, ecc.
L’unica soluzione possibile, dal mio punto di vista, rimane sempre quella degli Stati Uniti d’Europa: solo l’unità politica, economica (però quella vera) e di nazionalità può rendere l’Europa davvero unita.
Solo con un vero governo centrale, solo con una vera unità economica e con una sola nazionalità europea si supererebbero (anche forzatamente) tutte le divisioni, le ipocrisie, i contrasti che regnano attualmente in questa Europa. Quanto da me prospettato non è e non sarà, di certo, argomento di discussione in questa campagna elettorale che affronteremo.
Infatti, i macro problemi da superare sarebbero almeno tre: sarebbero disposti, anche gli europeisti più europeisti d’Europa, a rinunciare ai piccoli (o grandi) centri di poteri conquistati nei rispettivi Paesi, ai poderi che garantiscono loro fama ed onori, al vassallaggio dei rispettivi sottoposti per fare dell’Europa una superpotenza mondiale?
USA, Russia e Cina consentirebbero mai questa svolta epocale che potrebbe ridisegnare gli equilibri geo politici mondiali?
Noi italiani, leader nei campanilismi più efferati, saremmo davvero disposti a rinunciare alla nostra appartenenza a piccole comunità per diventare davvero cittadini d’Europa?
In definitiva, il mio disinteresse alle prossime elezioni europee è e sarà totale, convinto che non apporteranno nulla di nuovo e nulla di davvero utile alla nostra Europa.
Gabriele Giaccari


Leggi qui l'articolo di Edoardo Mauro "Ciò che conta in Europa saranno i contenuti"



martedì 2 aprile 2019

Ciò che conta in Europa saranno i contenuti

La ragione per cui esistono spazi come questo blog nasce dall’esigenza di potersi confrontare, attraverso idee e ragionamenti. In un contesto in cui la comunicazione one-way e la politica bombardano con insistenza le nostre vite in un incessante turbinio di input e parole, i più sentono il bisogno di un dibattito che sia costruttivo, attento e pronto all’ascolto. Che non si faccia sopraffare dalla voglia di urlare un protagonismo esasperato e fine a se stesso. C’è l’esigenza di nuovi punti di vista, più diretti, che possano aiutare chi legge a farsi un’idea chiara di ciò che accade intorno. Ecco perché sono e siamo convinti che da queste pagine possa nascere qualcosa di interessante, utile a noi stessi e a tutta la comunità. Vi aspettiamo. Edoardo.

Il tema delle elezioni europee è più acceso che mai. Ed i motivi sono molteplici. In ordine cronologico, dallo scorso week-end assistiamo con preoccupazione all’implosione della vicenda Brexit: dopo il terzo NO del parlamento inglese rifilato a Theresa May lo scorso fine settimana, le possibilità di un’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea attraverso un no-deal diventano sempre più alte. Una complessa impasse politica e culturale per l’UE, che deve trovare le giuste risposte alle più preoccupate domande dei suoi cittadini.
Altri temi ci pongono degli interrogativi su ciò che sarà l’Europa dopo il mese di Maggio. I problema dei flussi migratori e la loro gestione risulterà determinante nell’inquadrare il nuovo scacchiere politico su cui si muoveranno i Paesi membri. Alcuni paesi del Nord Europa hanno deciso di riunirsi in una nuova lega-anseatica per spingere verso una riforma economica dell’eurozona che prevede un restringimento del Fondo Salva Stati e una maggiore responsabilità dei singoli Stati sulle perdite. Un’altra mossa che porterà lo scontro economico verso una polarizzazione, rappresentando l’ennesimo pretesto per poter dividere e non unire la comunità europea. Non solo dal punto di vista economico ma anche politico visto che verranno alimentate le proteste e le tesi a sostegno del populismo e dell’euroscetticismo.
Parlando dei fatti di casa nostra, pare abbastanza chiaro che sulla campagna elettorale europea di Maggio in molti puntano molto. Matteo Salvini, ad esempio, proverà a confermare la sua ascesa verso la leadership non solo nell’attuale governo ma anche all’interno della coalizione del centrodestra e (perché no), in caso di probabile vittoria di ampie portate su scala nazionale, potrebbe anche candidarsi a giocare un ruolo chiave all’interno del gruppo dei partiti sovranisti. Luigi Di Maio, invece, spera in un riscatto per non perdere ancora terreno dal suo alleato di governo. Lontano dal glorioso e renziano 40% del 2014, il Pd si presenta al confronto elettorale con il nuovo segretario Zingaretti e una nuova direzione politica. I tempi sembrano ancora maturi per potersi aspettare una seria opposizione italiana all’euroscetticismo giallo-verde, sono troppi i conti da saldare per poter sperare in una campagna elettorale del Pd che possa convincere l’elettorato. Ma la prospettiva (vista la grave crisi delle sinistre europee) di ritornare ad essere un grande partito riformista-progressista su scala continentale potrebbe nascere anche da questo confronto. Che non si baserà sui numeri ma sui contenuti proposti. Un piccolo passo per ritornare ai fasti di un tempo.
Visto il fatto che questa campagna elettorale rappresenterà lo scontro finale tra europeisti ed euroscettici, mai come questa volta, le elezioni europee di Maggio saranno uno spartiacque. Tra chi prevede un’Europa delle nazioni e chi vorrà invece un rafforzamento dei controlli da parte di Bruxelles. Tra chi vorrà la rottura con le istituzioni e chi invece vorrebbe continuare a lavorare e credere nel sogno europeo.
Quello che conta, però, sono e saranno i contenuti. Se si cerca una riforma europea che possa finalmente cambiar marcia, inevitabilmente bisognerà passare da idee, progetti e visioni concrete e non astratte. Che non si contraddicano tra loro (il nostro Ministro dell’Interno dovrebbe capire che non si può minacciare di chiudere le frontiere in nome di un interesse nazionale e poi andare a Bruxelles a chiedere una corretta redistribuzione delle quote tra i Paesi dell’Unione.) ma che siano coerenti alla scelta proposta.
Ciò che conta chiedersi è quale sarà il futuro migliore per i cittadini. Gli slogan, le promesse elettorali, lo sguardo agli avanzamenti di carriera politica adesso vengono dopo. Non possiamo permetterci un passo falso in un momento così delicato e dopo le cure post-crisi. Siamo altamente esposti a nuove pericoli e temo che l’isolazionismo o la chiusura non ci condurranno in buone acque.
Abbiamo bisogno di essere forti all’interno come comunità politica per poter agire sulle regole economiche e finanziarie che regolano i mercati. Solo così si potrà davvero cambiare prospettiva verso un nuovo progetto di Europa in una sua composizione federale, che possa prevedere un giusto equilibrio tra necessità nazionali e comunitarie. Nel rispetto e nella tutela finalmente di tutti.
Edoardo Mauro