martedì 28 giugno 2016

di pulizia per le feste... di falchi e piccioni

Nei giorni scorsi la chiesa madre è stata interessata da un intervento straordinario di pulitura del guano dei piccioni che ormai in numero incontrollabile infestano il nostro centro storico e non solo. L'intervento, probabilmente, è stato effettuato in questi giorni in vista dell'imminente festa patronale e ci mancherebbe altro. Ma quanto potrà durare questa pulizia? E ogni quanto toccherà effettuarla per preservare la pulizia e l'integrità della facciata della chiesa madre e di tutte le altre chiese e di tutti gli altri palazzi del centro storico? E quanto questi interventi, nelle remota ipotesi in cui venissero effettuati con regolarità, costerebbero alla nostra Città? Oppure tutti i proprietari di palazzi del centro saranno costretti a mettere quegli antiestetici “spilloni” sui cornicioni, davanzali e su ogni altra superficie “appoggiabile”? O non è forse invece arrivato il momento di discutere del problema dei piccioni e del danno che costantemente arrecano alla nostra Città senza essere tacciati per stragisti?
Ma qui tocca fare un passo indietro. Nell'ultimo periodo dell'amministrazione Garrisi e su richiesta dei frati francescani, fu effettuato sui tetti della Basilica di Santa Caterina d'Alessandria un progetto-pilota di bird control con i falchi. Per una settimana i falchi si alzarono in volo e dimostrarono che solo un sistema naturale può debellare questa invasione. La presenza del falco, infatti, oltre ad allontanare i piccioni, aumenta anche il livello di stress e ne rallenta la riproduzione selvaggia a cui assistiamo oggi. Fu un intervento riuscitissimo, anche grazie alla professionalità del falconiere che curò il progetto (e che era già stato a Galatina nel corso delle due edizioni de La Notte Medievale) Fernando Mandorino, che infatti i frati ancora ricordano così come anche altri parroci hanno poi richiesto negli anni. Ma tutto si esaurì in quel progetto-pilota e, complici le risorse sempre esigue delle casse comunali e la poca lungimiranza nel loro utilizzo, al progetto non si siede seguito. Poi cambiarono le amministrazioni e il tutto venne archiviato.
Oggi forse sarebbe il caso di ritornarci su e di fare due conti: quanto costa ripulire regolarmente il nostro centro storico, le nostre chiese e i nostri palazzi dal guano? E ogni quanto tale pulizia andrebbe effettuata per avere un livello medio di decenza igienica nella Città? E quanto costano ai cittadini (o al Comune, come nel caso del Cavallino Bianco) quegli odiosi spilloni che occupano tutte le superfici "appoggiabili" degli immobili? E tutto ciò, con quali risultati? E quanto invece costerebbe investire in bird control e aggredire il problema? A volte non è una questione di soldi che mancano, ma di come vengono utilizzati. Dopotutto, la politica è questione di scelte. Che si continuano a non fare.

venerdì 24 giugno 2016

l’elezione… e le lezioni di Pippi

Da quella notte è passato qualche giorno ormai e altri ancora dovranno probabilmente passare perché si possa avere reale consapevolezza dell’accaduto. La vittoria di Pippi nella campagna elettorale di giugno è stata forse inaspettata per i più, ma certo non casuale e non improvvisata o fortuita: al contrario è stata preparata in ogni mossa, in ogni scelta, in ogni battaglia condotta… voto per voto in cinque anni di consiliatura e nei precedenti cinque di attività politica fuori dalle istituzioni. Già, perché la prima cosa che tocca ammettere è che mai come in questa occasione a pagare sia stato il lavoro quotidiano, l’impegno, la dedizione, il fare il consigliere comunale (più che il semplice esserlo) con passione e professionalità, come fosse un lavoro; non inteso come qualcosa che deve far guadagnare ma come qualcosa a cui dedicare otto, dieci e a volte anche quindici ore al giorno.
IN CONSIGLIO. Cinque anni fa, Pippi diventava consigliere comunale e sin da subito interpretava il suo ruolo da perfetto “rompicoglioni di palazzo”, consapevole che il suo più grande potere era quello che gli veniva riconosciuto dal testo unico degli enti locali: il diritto di accesso agli atti. E quindi sotto con richieste di documentazione su ogni materia divenisse oggetto di polemica politica, premessa di approfondimento e di realizzazione di battaglie circostanziate e accurate che poi spesso finivano a bersaglio. E quando non portavano ad un risultato immediato, erano le premesse per il delinearsi del soggetto politico Pippi Mellone, del suo movimento politico Andare Oltre e della sua conseguente campagna elettorale. Ogni passaggio dei suoi comizi era una battaglia fatta, ogni iniziativa era conseguente ad una richiesta di atti, ogni sua iniziativa era ampiamente documentata. Con una frase comunicativamente molto fortunata Grillo disse che “i parlamentari 5stelle avrebbero dovuto aprire il Parlamento come una scatoletta di sardine”; poi non è che lo abbiano fatto per davvero (ma questo è un altro discorso). Con una descrizione più rozza noi possiamo dire che Pippi sia stato il “piede di porco” che ha aperto il palazzo comunale, svelando convivenze e accordi che spesso venivano tenuti nascosti e rendendo trasparenti le vere stanze del potere (che spesso non solo i luoghi del consiglio e della giunta (ma anche questo è un altro discorso).
SENZA TAPPO. In tutto questo tempo Pippi ha goduto di una libertà d’azione quasi assoluta. Frutto di un grande gruppo che lo supportava e dell’assenza dei partiti tradizionalmente intesi che sui più giovani dei loro esponenti hanno sempre esercitato una funzione di tappo: “non è il momento”, “non è opportuno”, “aspettiamo che il periodo sia propizio”… e poi invece approfittavano della quiete per curarsi i loro interesse (proprio come succede durante le pax mafiose) e per sfiancare le giovani promesse che infatti poi migrano verso altri interessi o vengono uccisi in culla per evitare che scalzino la classe dirigente dominante in quel momento. Intendiamoci, non siamo contro i partiti, nei quali abbiamo militato nel corso della nostra esperienza personale, ma stiamo semplicemente fotografando un loro limite che Pippi, avendo avuto modo di crescere in un momento post-partitico, non ha incontrato. Lui un movimento politico (non una lista civica, non ci stancheremo mai di evidenziarne la differenza) se l’è fatto da solo quando è venuto meno il contenitore giovanile nel quale siamo cresciti tutti (Azione Giovani) ed ha continuato a mani libere.
MANI LIBERE. In nessuno dei partiti tradizionali, passati o presenti, uno come lui sarebbe mai nemmeno stato preso in considerazione per una candidatura. Così come in nessuno dei partiti tradizionali, passati o presenti, avrebbe potuto fare le battaglie che ha fatto: contro lo scarico a mare o per intitolare la sala consiliare a Renata Fonte, solo per citarne due simboliche. E ora che è sindaco ha un dono che forse pochi sindaci in giro per l’Italia hanno: ha le mani libere. Non c’è niente e nessuno che possa impedirgli di portare a compimento tutto ciò che ha detto in campagna elettorale e nei cinque anni precedenti. Ha vinto lui, il suo programma, il suo lavoro, le sue idee (si dice “lui” per dire il “suo gruppo”, in politica non vince mai uno solo ma sempre un gruppo, una squadra, una comunità… poi però si semplifica con “lui”). E, avendo vinto lui, ora è libero di fare tutto ciò che ha detto, non ha vincoli né dazi da pagare, non deve riconoscere nulla alla vecchia politica e ai vecchi metodi, può inaugurarne di nuovi. E ha la possibilità di crescere e di far crescere i suoi. Fra cinque anni saranno tutti più grandi, fra dieci saranno pronti a raccogliere la sua eredità e lui sarà proiettato di diritto nello scenario nazionale. A patto di percorrere la strada fin qui percorsa, ma non c’è ragione per dubitarne.
E A GALATINA? E a Galatina che si può importare di tutto questo? Nulla. Noi qui siamo all’anno zero: mai nessun consigliere ha fatto ciò che ha fatto Pippi (e ci spiace se qualcuno si risente, ma siete proprio lontani del nostro ideale di consigliere comunale e di suo codice di comportamento); i partiti e i gruppi elettorali (le cosiddette liste civiche) che popolano questo territorio sono ancora dei tappi che tengono compresse le aspirazioni dei ragazzi e della gente esterna a dare un contributo; il potere economico in campagna elettorale è ancora troppo forte; l’elettorato forse non è poi così interessato alle sorti della sua terra e preferisce votare il medico, il geometra, il farmacista, l’avvocato, il commercialista… che forse non faranno migliorare le condizioni di vita della Città ma “se ho un qualche bisogno, certo so a chi posso rivolgermi”. E allora tocca scegliere: o si costruisce qualcosa di nuovo, con gente nuova e, soprattutto, metodi nuovi… ma poi “nuovo” è un concetto vecchio… meglio riformulare… o si costruisce qualcosa di diverso con chi ha voglia di impegnarsi e non si è già “macchiato” di aver amministrato (e male… ma tanto quasi tutti quelli che sono passati non è che abbiano lasciato ‘sto gran segno…)… oppure si sceglie la strada del “piede di porco”: si lavora per mettere un piede in consiglio e aprirlo… con un gruppo che sia consapevole che non si va a vincere ma a cambiare la propria Città, magari non subito, magari passando da una sconfitta preparatoria, magari in due o tre turni elettorali… ma che poi, una volta, arrivati si avranno le mani libere. Dopotutto, a che serve vincere se poi non si hanno le mani libere?

mercoledì 8 giugno 2016

pulviscolo di destra 2, amministrative 2016

Riceviamo e pubblichiamo un'interessante analisi del voto di Edoardo Mauro.

Se dovessi accostare un’immagine alla situazione del centrodestra post amministrative 2016, sarebbe quella descritta da Munch nel suo capolavoro L’urlo. Proprio come il soggetto del quadro, osservo con uno sguardo spaventato (se non proprio con un grido) ciò che rimane dopo le carneficine di ieri notte (5 Giugno ndr). Una Waterloo di prospettiva e futuro, soprattutto per una totale mancanza di chiare indicazioni su ciò che sarà la leadership che guiderà il centrodestra del domani.
Non mi ritengo catastrofista o pessimista ad definire così la situazione che si presenta oggi. Sebbene un Parisi alle calcagna di Sala (40,77% per il candidato unico del centrodestra contro il 41,69% del candidato Pd, risultato abbastanza impensabile per la destra milanese, facilmente prevedibile, però, con lo scorrere dei giorni di campagna elettorale causa anche la totale assenza di alternative credibili ai due manager), il resto d’Italia vede un centrodestra perlopiù a inseguire: un Lettieri con Forza Italia e civiche a Napoli si attesta al 24,04% e poco potrà fare contro un lanciatissimo De Magistris al 42,82%, a Bologna la Borgonzoni è al 22,27% contro il candidato del centrosinistra Merola al 39,46%. Pochi sono i casi in cui il centrodestra si ritrova davanti al centrosinistra nei ballottaggi, come ad esempio a Grosseto, Novara e Trieste.
Arriviamo finalmente a Roma, la città che tanto aveva fatto discutere in questa tornata di amministrative per le vicende giudiziarie di Mafia Capitale e quelle dell’ex sindaco dimissionario Pd Ignazio Marino, defenestrato dal Campidoglio. La Capitale è stato il luogo dove l’Establishment del centrodestra ha fatto molto parlare di sé.
Durante la campagna elettorale, abbiamo assistito al ritiro di “gaffe-man” Bertolaso, nato come candidato unico, per far posto a Giorgia Meloni, appoggiata da Matteo Salvini, con la sua scelta d’amore da “mamma” dei romani e Alfio Marchini, appoggiato da Silvio Berlusconi.
Le cronache raccontano che stamattina Roma si sia risvegliata con un Movimento 5 Stelle al 35,25%, raggiunto meritatamente dalla candidata sindaco Virginia Raggi. Un risultato storico, che ridipinge il panorama politico nazionale. Ciò che lascia dietro di sé è un Pd con Roberto Giachetti al 24,87%, Giorgia Meloni al 20,64% e Alfio Marchini con solo il 10,97% di preferenze.
Il risultato della Meloni non è da buttar via, la neo-mamma partiva in ritardo rispetto ai suoi avversari e le premesse della campagna elettorale non lasciavano trasparire molto entusiasmo, ma, nonostante ciò, la destra romana ha risposto all’appello facendo sudare fino all’ultima scheda il candidato Pd Giachetti e lasciando con l’amaro in bocca la leader di Fratelli d’Italia, perché, dati e previsioni alla mano, con lei al ballottaggio sarebbe stata un’altra partita con la Raggi. C’è da aggiungere inoltre una più importante chiave di lettura a questo risultato: questo primo turno rappresentava una sfida da dentro o fuori per l’ex Ministro della Gioventù, una sua vittoria avrebbe certamente scosso le prove di forza tra Berlusconi e Salvini, portando prepotentemente in auge la Meloni nella corsa a leader della coalizione anti-renziana. Ora, però, mamma Giorgia si lecca le ferite e prova a sorridere guardando il risultato di Marchini.
Discendente della nota famiglia romana di costruttori, Alfio Marchini si aspettava un risultato decisamente migliore di un misero 10%. Colpa di Berlusconi direte voi. E fate bene. Fuori dal suo feudo meneghino, il Cavaliere è sempre più impotente (ah-ah-ah), vittima del suo ego e del timore di essere spodestato dal suo concittadino Matteo Salvini. Paure più che mai fondate, perché Salvini è l’unico oggi ad uscire integro da questa guerra civile del centrodestra, dove le mosse azzardate e politicamente sconsiderate dei suoi pretendenti alla leadership hanno lasciato lui come unico vincitore morale della singolar tenzone. Un lavoro di acuta tattica politica quella del segretario della Lega, non c’è che dire: a Milano, cavalcando l’onda di Parisi, risulterà vincitore in qualunque caso (anche se l’11,77% del capoluogo lombardo poteva essere più tondo) e a Roma sono mesi che critica la scelta di Bertolaso e poi Marchini da parte di Berlusconi. Grazie a Dio però non sfonda al Sud, luogo che rimane ancora vergine alle lusinghe nazional-padane.
E domani? Continuo a ripetere che, purtroppo, il futuro rimane incertissimo. Anche con l’eventuale vittoria di Parisi a Milano, il centrodestra resta diviso internamente e catalogato con un enorme punto interrogativo.
Salvini resta primo in classifica nella corsa per l’anti-Renzi, ma un uomo a capo di una forza ancora federalista, non potrà mai reggere lo scettro di leader della Destra. La Meloni ha il buon risultato romano dalla sua, ma è troppo poco di fronte alla scarsissima rilevanza nazionale del suo partito, dove i risultati sono stati miseri se non imbarazzanti. Berlusconi è alla fine della sua vita politica, ha fatto il suo tempo ed è giusto così.
Si prevedono tempi duri, se non durissimi, e temo che si annasperà ancora per molto in questo pantano.
Adesso, però, c’è bisogno di idee per poter riprogettare un soggetto politico sensato, per provare a costruire una Destra finalmente moderna. Bisognerebbe coinvolgere, ad esempio, in maniera seria e non “casareccia” quell’elettorato liberale dimenticato, il popolo della piccola e media imprenditoria italiana troppo vicino alle lusinghe renziane e orfano di Berlusconi, oppure si dovrebbero allontanare gli spettri della destra xenofoba e razzista, provando a costruire un area formata da contenuti e non da scontati slogan nostalgici. E’ l’unico modo per riacquistare credibilità in un elettorato tradito e per questo, ora, incuriosito dalle facili risposte pentastellate.
Aspettando maremoti che finalmente rimescolino le carte, mi godo un risultato elettorale, un battito di ali di farfalla, nella mia provincia di Lecce, dove fa scalpore il risultato di Pippi Mellone a Nardò. Ecco la vicenda raccontata in un post su Facebook da Flavia Perina, ex direttore responsabile del “Secolo d’Italia”:
Titolo: Il bizzarro caso del signor Pippi Mellone. Questo Pippi Mellone si candida a Nardò, che è il comune più grosso del Salentino al voto. Viene dall'antica filiera della destra ecologista e sociale, se ne frega del felpismo e della xenofobia, molla Fratelli d'Italia, si oppone a Fitto, costruisce una civica che non ha paura di definirsi progressista. Non è scemo: accetta l'appoggio di un pezzo di FI che da quelle parti è allo sbando. E' molto giovane, 31 anni, ma ha dieci anni di battaglie civiche e ambientaliste dalla parte sua. Ha reputazione, insomma. La lista la chiama Andare Oltre, e ci siamo capiti. Conquista il ballottaggio fregando il candidato fittiano e svuotando il M5S, che cinque anni fa aveva fatto il pieno. Una case history da studiare, cari di destra.”


Qualcuno grida aiuto. Speriamo che venga udito.