Riceviamo e pubblichiamo un'interessante analisi del voto di Edoardo Mauro.
Se dovessi accostare un’immagine alla
situazione del centrodestra post amministrative 2016, sarebbe quella
descritta da Munch nel suo capolavoro L’urlo. Proprio come
il soggetto del quadro, osservo con uno sguardo spaventato (se non
proprio con un grido) ciò che rimane dopo le carneficine di ieri
notte (5 Giugno ndr). Una Waterloo di prospettiva e futuro,
soprattutto per una totale mancanza di chiare indicazioni su ciò che
sarà la leadership che guiderà il centrodestra del domani.
Non mi ritengo catastrofista o
pessimista ad definire così la situazione che si presenta oggi.
Sebbene un Parisi alle calcagna di Sala (40,77% per il candidato
unico del centrodestra contro il 41,69% del candidato Pd, risultato
abbastanza impensabile per la destra milanese, facilmente
prevedibile, però, con lo scorrere dei giorni di campagna elettorale
causa anche la totale assenza di alternative credibili ai due
manager), il resto d’Italia vede un centrodestra perlopiù a
inseguire: un Lettieri con Forza Italia e civiche a Napoli si attesta
al 24,04% e poco potrà fare contro un lanciatissimo De Magistris al
42,82%, a Bologna la Borgonzoni è al 22,27% contro il candidato del
centrosinistra Merola al 39,46%. Pochi sono i casi in cui il
centrodestra si ritrova davanti al centrosinistra nei ballottaggi,
come ad esempio a Grosseto, Novara e Trieste.
Arriviamo finalmente a Roma, la città
che tanto aveva fatto discutere in questa tornata di amministrative
per le vicende giudiziarie di Mafia Capitale e quelle dell’ex
sindaco dimissionario Pd Ignazio Marino, defenestrato dal
Campidoglio. La Capitale è stato il luogo dove l’Establishment del
centrodestra ha fatto molto parlare di sé.
Durante la campagna elettorale, abbiamo
assistito al ritiro di “gaffe-man” Bertolaso, nato come candidato
unico, per far posto a Giorgia Meloni, appoggiata da Matteo Salvini,
con la sua scelta d’amore da “mamma” dei romani e Alfio
Marchini, appoggiato da Silvio Berlusconi.
Le cronache raccontano che stamattina
Roma si sia risvegliata con un Movimento 5 Stelle al 35,25%,
raggiunto meritatamente dalla candidata sindaco Virginia Raggi. Un
risultato storico, che ridipinge il panorama politico nazionale. Ciò
che lascia dietro di sé è un Pd con Roberto Giachetti al 24,87%,
Giorgia Meloni al 20,64% e Alfio Marchini con solo il 10,97% di
preferenze.
Il risultato della Meloni non è da
buttar via, la neo-mamma partiva in ritardo rispetto ai suoi
avversari e le premesse della campagna elettorale non lasciavano
trasparire molto entusiasmo, ma, nonostante ciò, la destra romana ha
risposto all’appello facendo sudare fino all’ultima scheda il
candidato Pd Giachetti e lasciando con l’amaro in bocca la leader
di Fratelli d’Italia, perché, dati e previsioni alla mano, con lei
al ballottaggio sarebbe stata un’altra partita con la Raggi. C’è
da aggiungere inoltre una più importante chiave di lettura a questo
risultato: questo primo turno rappresentava una sfida da dentro o
fuori per l’ex Ministro della Gioventù, una sua vittoria avrebbe
certamente scosso le prove di forza tra Berlusconi e Salvini,
portando prepotentemente in auge la Meloni nella corsa a leader della
coalizione anti-renziana. Ora, però, mamma Giorgia si lecca le
ferite e prova a sorridere guardando il risultato di Marchini.
Discendente della nota famiglia romana
di costruttori, Alfio Marchini si aspettava un risultato decisamente
migliore di un misero 10%. Colpa di Berlusconi direte voi. E fate
bene. Fuori dal suo feudo meneghino, il Cavaliere è sempre più
impotente (ah-ah-ah), vittima del suo ego e del timore di essere
spodestato dal suo concittadino Matteo Salvini. Paure più che mai
fondate, perché Salvini è l’unico oggi ad uscire integro da
questa guerra civile del centrodestra, dove le mosse azzardate e
politicamente sconsiderate dei suoi pretendenti alla leadership hanno
lasciato lui come unico vincitore morale della singolar tenzone. Un
lavoro di acuta tattica politica quella del segretario della Lega,
non c’è che dire: a Milano, cavalcando l’onda di Parisi,
risulterà vincitore in qualunque caso (anche se l’11,77% del
capoluogo lombardo poteva essere più tondo) e a Roma sono mesi che
critica la scelta di Bertolaso e poi Marchini da parte di Berlusconi.
Grazie a Dio però non sfonda al Sud, luogo che rimane ancora vergine
alle lusinghe nazional-padane.
E domani? Continuo a ripetere che,
purtroppo, il futuro rimane incertissimo. Anche con l’eventuale
vittoria di Parisi a Milano, il centrodestra resta diviso
internamente e catalogato con un enorme punto interrogativo.
Salvini resta primo in classifica nella
corsa per l’anti-Renzi, ma un uomo a capo di una forza ancora
federalista, non potrà mai reggere lo scettro di leader della
Destra. La Meloni ha il buon risultato romano dalla sua, ma è troppo
poco di fronte alla scarsissima rilevanza nazionale del suo partito,
dove i risultati sono stati miseri se non imbarazzanti. Berlusconi è
alla fine della sua vita politica, ha fatto il suo tempo ed è giusto
così.
Si prevedono
tempi duri, se non durissimi, e temo che si annasperà ancora per
molto in questo pantano.
Adesso, però, c’è bisogno di idee
per poter riprogettare un soggetto politico sensato, per provare a
costruire una Destra finalmente moderna. Bisognerebbe coinvolgere, ad
esempio, in maniera seria e non “casareccia” quell’elettorato
liberale dimenticato, il popolo della piccola e media imprenditoria
italiana troppo vicino alle lusinghe renziane e orfano di Berlusconi,
oppure si dovrebbero allontanare gli spettri della destra xenofoba e
razzista, provando a costruire un area formata da contenuti e non da
scontati slogan nostalgici. E’ l’unico modo per riacquistare
credibilità in un elettorato tradito e per questo, ora, incuriosito
dalle facili risposte pentastellate.
Aspettando maremoti che finalmente
rimescolino le carte, mi godo un risultato elettorale, un battito di
ali di farfalla, nella mia provincia di Lecce, dove fa scalpore il
risultato di Pippi Mellone a Nardò. Ecco la vicenda raccontata in un
post su Facebook da Flavia Perina, ex direttore responsabile del
“Secolo d’Italia”:
“Titolo: Il bizzarro caso del
signor Pippi Mellone. Questo Pippi Mellone si candida a Nardò, che è
il comune più grosso del Salentino al voto. Viene dall'antica
filiera della destra ecologista e sociale, se ne frega del felpismo e
della xenofobia, molla Fratelli d'Italia, si oppone a Fitto,
costruisce una civica che non ha paura di definirsi progressista. Non
è scemo: accetta l'appoggio di un pezzo di FI che da quelle parti è
allo sbando. E' molto giovane, 31 anni, ma ha dieci anni di battaglie
civiche e ambientaliste dalla parte sua. Ha reputazione, insomma. La
lista la chiama Andare Oltre, e ci siamo capiti. Conquista il
ballottaggio fregando il candidato fittiano e svuotando il M5S, che
cinque anni fa aveva fatto il pieno. Una case history da studiare,
cari di destra.”
Qualcuno grida aiuto. Speriamo che
venga udito.
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