mercoledì 8 giugno 2016

pulviscolo di destra 2, amministrative 2016

Riceviamo e pubblichiamo un'interessante analisi del voto di Edoardo Mauro.

Se dovessi accostare un’immagine alla situazione del centrodestra post amministrative 2016, sarebbe quella descritta da Munch nel suo capolavoro L’urlo. Proprio come il soggetto del quadro, osservo con uno sguardo spaventato (se non proprio con un grido) ciò che rimane dopo le carneficine di ieri notte (5 Giugno ndr). Una Waterloo di prospettiva e futuro, soprattutto per una totale mancanza di chiare indicazioni su ciò che sarà la leadership che guiderà il centrodestra del domani.
Non mi ritengo catastrofista o pessimista ad definire così la situazione che si presenta oggi. Sebbene un Parisi alle calcagna di Sala (40,77% per il candidato unico del centrodestra contro il 41,69% del candidato Pd, risultato abbastanza impensabile per la destra milanese, facilmente prevedibile, però, con lo scorrere dei giorni di campagna elettorale causa anche la totale assenza di alternative credibili ai due manager), il resto d’Italia vede un centrodestra perlopiù a inseguire: un Lettieri con Forza Italia e civiche a Napoli si attesta al 24,04% e poco potrà fare contro un lanciatissimo De Magistris al 42,82%, a Bologna la Borgonzoni è al 22,27% contro il candidato del centrosinistra Merola al 39,46%. Pochi sono i casi in cui il centrodestra si ritrova davanti al centrosinistra nei ballottaggi, come ad esempio a Grosseto, Novara e Trieste.
Arriviamo finalmente a Roma, la città che tanto aveva fatto discutere in questa tornata di amministrative per le vicende giudiziarie di Mafia Capitale e quelle dell’ex sindaco dimissionario Pd Ignazio Marino, defenestrato dal Campidoglio. La Capitale è stato il luogo dove l’Establishment del centrodestra ha fatto molto parlare di sé.
Durante la campagna elettorale, abbiamo assistito al ritiro di “gaffe-man” Bertolaso, nato come candidato unico, per far posto a Giorgia Meloni, appoggiata da Matteo Salvini, con la sua scelta d’amore da “mamma” dei romani e Alfio Marchini, appoggiato da Silvio Berlusconi.
Le cronache raccontano che stamattina Roma si sia risvegliata con un Movimento 5 Stelle al 35,25%, raggiunto meritatamente dalla candidata sindaco Virginia Raggi. Un risultato storico, che ridipinge il panorama politico nazionale. Ciò che lascia dietro di sé è un Pd con Roberto Giachetti al 24,87%, Giorgia Meloni al 20,64% e Alfio Marchini con solo il 10,97% di preferenze.
Il risultato della Meloni non è da buttar via, la neo-mamma partiva in ritardo rispetto ai suoi avversari e le premesse della campagna elettorale non lasciavano trasparire molto entusiasmo, ma, nonostante ciò, la destra romana ha risposto all’appello facendo sudare fino all’ultima scheda il candidato Pd Giachetti e lasciando con l’amaro in bocca la leader di Fratelli d’Italia, perché, dati e previsioni alla mano, con lei al ballottaggio sarebbe stata un’altra partita con la Raggi. C’è da aggiungere inoltre una più importante chiave di lettura a questo risultato: questo primo turno rappresentava una sfida da dentro o fuori per l’ex Ministro della Gioventù, una sua vittoria avrebbe certamente scosso le prove di forza tra Berlusconi e Salvini, portando prepotentemente in auge la Meloni nella corsa a leader della coalizione anti-renziana. Ora, però, mamma Giorgia si lecca le ferite e prova a sorridere guardando il risultato di Marchini.
Discendente della nota famiglia romana di costruttori, Alfio Marchini si aspettava un risultato decisamente migliore di un misero 10%. Colpa di Berlusconi direte voi. E fate bene. Fuori dal suo feudo meneghino, il Cavaliere è sempre più impotente (ah-ah-ah), vittima del suo ego e del timore di essere spodestato dal suo concittadino Matteo Salvini. Paure più che mai fondate, perché Salvini è l’unico oggi ad uscire integro da questa guerra civile del centrodestra, dove le mosse azzardate e politicamente sconsiderate dei suoi pretendenti alla leadership hanno lasciato lui come unico vincitore morale della singolar tenzone. Un lavoro di acuta tattica politica quella del segretario della Lega, non c’è che dire: a Milano, cavalcando l’onda di Parisi, risulterà vincitore in qualunque caso (anche se l’11,77% del capoluogo lombardo poteva essere più tondo) e a Roma sono mesi che critica la scelta di Bertolaso e poi Marchini da parte di Berlusconi. Grazie a Dio però non sfonda al Sud, luogo che rimane ancora vergine alle lusinghe nazional-padane.
E domani? Continuo a ripetere che, purtroppo, il futuro rimane incertissimo. Anche con l’eventuale vittoria di Parisi a Milano, il centrodestra resta diviso internamente e catalogato con un enorme punto interrogativo.
Salvini resta primo in classifica nella corsa per l’anti-Renzi, ma un uomo a capo di una forza ancora federalista, non potrà mai reggere lo scettro di leader della Destra. La Meloni ha il buon risultato romano dalla sua, ma è troppo poco di fronte alla scarsissima rilevanza nazionale del suo partito, dove i risultati sono stati miseri se non imbarazzanti. Berlusconi è alla fine della sua vita politica, ha fatto il suo tempo ed è giusto così.
Si prevedono tempi duri, se non durissimi, e temo che si annasperà ancora per molto in questo pantano.
Adesso, però, c’è bisogno di idee per poter riprogettare un soggetto politico sensato, per provare a costruire una Destra finalmente moderna. Bisognerebbe coinvolgere, ad esempio, in maniera seria e non “casareccia” quell’elettorato liberale dimenticato, il popolo della piccola e media imprenditoria italiana troppo vicino alle lusinghe renziane e orfano di Berlusconi, oppure si dovrebbero allontanare gli spettri della destra xenofoba e razzista, provando a costruire un area formata da contenuti e non da scontati slogan nostalgici. E’ l’unico modo per riacquistare credibilità in un elettorato tradito e per questo, ora, incuriosito dalle facili risposte pentastellate.
Aspettando maremoti che finalmente rimescolino le carte, mi godo un risultato elettorale, un battito di ali di farfalla, nella mia provincia di Lecce, dove fa scalpore il risultato di Pippi Mellone a Nardò. Ecco la vicenda raccontata in un post su Facebook da Flavia Perina, ex direttore responsabile del “Secolo d’Italia”:
Titolo: Il bizzarro caso del signor Pippi Mellone. Questo Pippi Mellone si candida a Nardò, che è il comune più grosso del Salentino al voto. Viene dall'antica filiera della destra ecologista e sociale, se ne frega del felpismo e della xenofobia, molla Fratelli d'Italia, si oppone a Fitto, costruisce una civica che non ha paura di definirsi progressista. Non è scemo: accetta l'appoggio di un pezzo di FI che da quelle parti è allo sbando. E' molto giovane, 31 anni, ma ha dieci anni di battaglie civiche e ambientaliste dalla parte sua. Ha reputazione, insomma. La lista la chiama Andare Oltre, e ci siamo capiti. Conquista il ballottaggio fregando il candidato fittiano e svuotando il M5S, che cinque anni fa aveva fatto il pieno. Una case history da studiare, cari di destra.”


Qualcuno grida aiuto. Speriamo che venga udito.

Nessun commento:

Posta un commento