Da quella notte è passato qualche giorno ormai e altri
ancora dovranno probabilmente passare perché si possa avere reale
consapevolezza dell’accaduto. La vittoria di Pippi nella campagna elettorale di
giugno è stata forse inaspettata per i più, ma certo non casuale e non
improvvisata o fortuita: al contrario è stata preparata in ogni mossa, in ogni scelta, in ogni battaglia condotta… voto per voto in cinque anni di
consiliatura e nei precedenti cinque di attività politica fuori dalle
istituzioni. Già, perché la prima cosa che tocca ammettere è che mai come in
questa occasione a pagare sia stato il lavoro quotidiano, l’impegno, la
dedizione, il fare il consigliere comunale (più che il semplice esserlo) con
passione e professionalità, come fosse un lavoro; non inteso come qualcosa che
deve far guadagnare ma come qualcosa a cui dedicare otto, dieci e a volte anche
quindici ore al giorno.
IN CONSIGLIO. Cinque anni fa, Pippi diventava consigliere
comunale e sin da subito interpretava il suo ruolo da perfetto “rompicoglioni
di palazzo”, consapevole che il suo più grande potere era quello che gli veniva
riconosciuto dal testo unico degli enti locali: il diritto di accesso agli
atti. E quindi sotto con richieste di documentazione su ogni materia divenisse
oggetto di polemica politica, premessa di approfondimento e di realizzazione di
battaglie circostanziate e accurate che poi spesso finivano a bersaglio. E quando
non portavano ad un risultato immediato, erano le premesse per il
delinearsi del soggetto politico Pippi Mellone, del suo movimento politico Andare
Oltre e della sua conseguente campagna elettorale. Ogni passaggio dei suoi
comizi era una battaglia fatta, ogni iniziativa era conseguente ad una
richiesta di atti, ogni sua iniziativa era ampiamente documentata. Con una
frase comunicativamente molto fortunata Grillo disse che “i parlamentari
5stelle avrebbero dovuto aprire il Parlamento come una scatoletta di sardine”;
poi non è che lo abbiano fatto per davvero (ma questo è un altro discorso). Con
una descrizione più rozza noi possiamo dire che Pippi sia stato il “piede di
porco” che ha aperto il palazzo comunale, svelando convivenze e accordi che
spesso venivano tenuti nascosti e rendendo trasparenti le vere stanze del
potere (che spesso non solo i luoghi del consiglio e della giunta (ma anche
questo è un altro discorso).
SENZA TAPPO. In tutto questo tempo Pippi ha goduto di una
libertà d’azione quasi assoluta. Frutto di un grande gruppo che lo supportava e
dell’assenza dei partiti tradizionalmente intesi che sui più giovani dei loro
esponenti hanno sempre esercitato una funzione di tappo: “non è il momento”, “non
è opportuno”, “aspettiamo che il periodo sia propizio”… e poi invece
approfittavano della quiete per curarsi i loro interesse (proprio come succede
durante le pax mafiose) e per
sfiancare le giovani promesse che infatti poi migrano verso altri interessi o
vengono uccisi in culla per evitare che scalzino la classe dirigente dominante
in quel momento. Intendiamoci, non siamo contro i partiti, nei quali abbiamo militato nel corso della nostra esperienza personale, ma stiamo
semplicemente fotografando un loro limite che Pippi, avendo avuto modo di
crescere in un momento post-partitico, non ha incontrato. Lui un movimento
politico (non una lista civica, non ci stancheremo mai di evidenziarne la differenza) se l’è fatto da solo quando è venuto meno il
contenitore giovanile nel quale siamo cresciti tutti (Azione Giovani) ed ha
continuato a mani libere.
MANI LIBERE. In nessuno dei partiti tradizionali, passati o
presenti, uno come lui sarebbe mai nemmeno stato preso in considerazione per
una candidatura. Così come in nessuno dei partiti tradizionali, passati o
presenti, avrebbe potuto fare le battaglie che ha fatto: contro lo scarico a
mare o per intitolare la sala consiliare a Renata Fonte, solo per citarne due
simboliche. E ora che è sindaco ha un dono che forse pochi sindaci in giro per
l’Italia hanno: ha le mani libere. Non c’è niente e nessuno che possa
impedirgli di portare a compimento tutto ciò che ha detto in campagna
elettorale e nei cinque anni precedenti. Ha vinto lui, il suo programma, il suo
lavoro, le sue idee (si dice “lui” per dire il “suo gruppo”, in politica non vince
mai uno solo ma sempre un gruppo, una squadra, una comunità… poi però si
semplifica con “lui”). E, avendo vinto lui, ora è libero di fare tutto ciò che
ha detto, non ha vincoli né dazi da pagare, non deve riconoscere nulla alla
vecchia politica e ai vecchi metodi, può inaugurarne di nuovi. E ha la
possibilità di crescere e di far crescere i suoi. Fra cinque anni saranno tutti
più grandi, fra dieci saranno pronti a raccogliere la sua eredità e lui sarà
proiettato di diritto nello scenario nazionale. A patto di percorrere la strada
fin qui percorsa, ma non c’è ragione per dubitarne.
E A GALATINA? E a Galatina che si può importare di tutto questo? Nulla. Noi qui
siamo all’anno zero: mai nessun consigliere ha fatto ciò che ha fatto Pippi (e
ci spiace se qualcuno si risente, ma siete proprio lontani del nostro ideale di
consigliere comunale e di suo codice di comportamento); i partiti e i gruppi
elettorali (le cosiddette liste civiche) che popolano questo territorio sono
ancora dei tappi che tengono compresse le aspirazioni dei ragazzi e della gente
esterna a dare un contributo; il potere economico in campagna elettorale è
ancora troppo forte; l’elettorato forse non è poi così interessato alle sorti
della sua terra e preferisce votare il medico, il geometra, il farmacista, l’avvocato,
il commercialista… che forse non faranno migliorare le condizioni di vita della
Città ma “se ho un qualche bisogno, certo so a chi posso rivolgermi”. E allora
tocca scegliere: o si costruisce qualcosa di nuovo, con gente nuova e,
soprattutto, metodi nuovi… ma poi “nuovo” è un concetto vecchio… meglio
riformulare… o si costruisce qualcosa di diverso con chi ha voglia di
impegnarsi e non si è già “macchiato” di aver amministrato (e male… ma tanto
quasi tutti quelli che sono passati non è che abbiano lasciato ‘sto gran segno…)…
oppure si sceglie la strada del “piede di porco”: si lavora per mettere un
piede in consiglio e aprirlo… con un gruppo che sia consapevole che non si va a
vincere ma a cambiare la propria Città, magari non subito, magari passando da
una sconfitta preparatoria, magari in due o tre turni elettorali… ma che poi, una volta,
arrivati si avranno le mani libere. Dopotutto, a che serve vincere se poi non
si hanno le mani libere?
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