Sono nato nel 1983 e la mia generazione è stata nutrita, dai media, dalla convinzione di vivere in un periodo di pace. Troppo lontani dalle due Guerre Mondiali. Troppo lontani anche dal vecchio concetto di scontro fisico tra due eserciti contrapposti. Troppo lontani, come Europa, dai teatri di guerra e di sofferenza. Eppure, andando a memoria, ricordo la prima guerra del Golfo, nel 1990, vista in televisione da casa dei nonni; la guerra in Bosnia del 1994; la guerra in Kosovo nel 1999 che mi costò il mio unico 5 in italiano in un compito in classe dove, evidentemente per lesa maestà, secondo la prof., avevo sollevato troppi dubbi sulla giustezza delle operazioni Nato contro l’allora presidente serbo Milosevic e sulle intenzioni degli esportatori della democrazia in quella ma soprattutto in altre guerre; le aggressioni in Afghanistan e in Iraq dal 2001 fino a quasi i giorni nostri, con la scusa di beccare Bin Laden la prima e di fermare Saddam Hussein e le sue armi chimiche la seconda, salvo poi non concedere il piacere agli spettatori di vedere né l’uno (ucciso e gettato in mare, secondo le fonti ufficiali) né le altre; e poi ancora l'intervento in Libia nel 2011.
Tutti questi avvenimenti, ma anche quelli precedenti di cui non ho memoria diretta, sono caratterizzati da pochi punti fermi: l’aggressore ovvero gli Stati Uniti con la Nato, e il sostegno a intermittenza dell’Onu; le metodologie ovvero la presenza di una causa scatenante sbattuta su tutti i giornali e i mezzi di informazione come la goccia che ha fatto traboccare il vaso; l’importanza della zona colpita ovvero la presenza di ricchezze (vedi petrolio) o l'aspetto strategico del punto (quante volte si è detto "in Africa si combattono centinaia di guerre tutti i giorni puntualmente ignorate perché non c'è ritorno economico per eventuali interventi esterni"); la presa d’atto da parte di noi occidentali che forse la causa scatenante era falsa.
Oggi, a parte tutti i dubbi su una guerra ingiusta contro un popolo già martoriato da anni dall’Isis; contro un presidente eletto e voluto dalla sua gente e in guerra, lui sì, contro l’Isis; giustificata con la solita scusa dello Stato Canaglia, pericoloso per la democrazia; quello che appare assurdo e paradossale e su cui non possiamo non aprire gli occhi è il fatto che venga bombardata la Siria perché avrebbe usato armi chimiche, venga bombardato il deposito di queste armi chimiche, ma il bombardamento parta nel giorno in cui l’ONU aveva in agenda di verificare l’esistenza o meno di questo arsenale! È un dettaglio-non dettaglio che non può essere trascurato e su cui andrebbero fatte troppe riflessioni.
Marco De Matteis
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