venerdì 13 ottobre 2017

sulla democrazia partitica e sulla legge elettorale

Dopo l'intervento di Cristina Dettù su questo blog in merito al processo di formazione della nuova legge elettorale (leggi qui), ospitiamo un importante e gradito intervento dell'amico, prima che analista politico e docente universitario, Nunziante Mastrolia, già ospite di Andare Oltre a Galatina nel corso di un interessante convegno sul referendum costituzionale. Al centro delle sue riflessioni, una questione che da sempre a noi cara: e se il problema vero non fosse il sistema elettorale ma il sistema partitico?

Visto che non sono la Corte costituzionale, non mi pare il caso di mettermi a disquisire di costituzionalità o meno della legge elettorale.
Però qualche considerazione generale vorrei farla sugli “alti lai” sul “golpe istituzionale” e il “parlamento di nominati” che si sentono in queste ore. Parole che a me, francamente, paiono pesanti e poco meditate.
“Le parole sono pietre”, scriveva Carlo Levi. A volte bisognerebbe ricordarsene.
Partiamo dal principio. In assemblea costituente si decise di non fissare in costituzione un preciso sistema elettorale, ma di lasciarne la determinazione al Parlamento, senza, per giunta, prevedere particolari maggioranze. Il che significa che, carta costituzionale alla mano, la legge elettorale è un atto della maggioranza di governo, che ha la possibilità (la Carta non lo vieta) anche di imporre il voto di fiducia.
Non è bello? Sono d’accordo! Le regole del gioco andrebbero fissate all’unanimità? Giusta aspirazione! Il Consiglio d'Europa vieta di cambiare una legge quando manca meno di un anno dalle elezioni? Sacrosanto.
Ma riconosciuto ciò, si deve anche dire che siamo nella perfetta legalità costituzionale e parlare di “golpe istituzionale” è, quanto meno, fuori luogo.
Quanto alla questione del voto di preferenza, attenzione perchè la maggior parte delle grandi democrazie, con un sistema di voto proporzionale, non hanno il voto di preferenza su lista aperta .
Per quanto ne so, ma posso sbagliarmi, il voto di preferenza su lista non bloccata è presente solo (tra i maggiori) in Grecia, Finlandia, Bulgaria.
In tutti gli altri casi è il partito che decide chi e in che ordine deve essere nel listino. E’ un problema? Ma proprio per niente, visto che i partiti non sono delle società segrete ma delle associazioni democratiche.
E’ un passaggio così importante che noi lo abbiamo scritto in Costituzione: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”.
Se i cittadini non partecipano, se non ci sono partiti degni di questo nome e se la vita interna dei partiti non si svolge con metodo democratico è possibile pensare che la democrazia in un paese possa prosperare? Non si deve chiedere alle leggi elettorali più di quello che possono fare: se non ricostruiamo i partiti come veicolo di partecipazione dei cittadini alla determinazione della politica nazionale, gli ingegneri elettorali potranno risolvere poco. Questo significa che l’inghippo non è nella legge elettorale, ma in quello che le sta a monte.
In altri paesi non si grida allo scandalo davanti ai listini bloccati, perchè la loro composizione è stata determinata con metodo democratico dai cittadini che liberamente hanno concorso a determinare la politica nazionale attraverso partiti con regole democratiche.
Se tutto ciò non accade, il problema non si risolve con le preferenze, sia perchè generano una lievitazione mostruosa delle spese elettorali, consentendo, nella migliore delle ipotesi, a chi ha più soldi o più ampie clientele di essere eletto, sia perchè la scelta avviene comunque all’interno di un numero ridotto di nomi, scelti senza alcun metodo democratico.
Pertanto mi pare, anche in questo caso, poco corretto parlare di un “parlamento di nominati” come se fosse uno strappo alle regole della comune democrazia europea.
Le reazioni dunque di queste ore mi paiono scomposte. C’è già chi già si immagina sulle barricate a offrire, impavido, il petto alle pallottole degli austriaci o dei gringo americani (uno vale l’altro) mentre a squarciagola grida al cielo "Oggi e siempre rivoluzione!".
Sento la solita insopportabile aria di massimalismo tragicomico. Anzi no, melodrammatico. (Ma tu vuoi vedere che la sorgente di questo antico vizio nazionale sta proprio nel fatto che siamo la patria del melodramma?).
Intanto Di Battista sogna Che Guevara, ha comprato in cartoleria il diario nuovo ed ha fatto la revisione allo scooter. Meglio non dare il destro alle guardie infami, al soldo dell’imperialismo plutocratico massonico, e consentire loro di farti la contravvenzione di euri 12.

11 ottobre 2017

Nunziante Mastrolia
analista politico
www.licosia.com 

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