lunedì 16 ottobre 2017

le identità che ci salveranno

Abitando un pianeta assolutamente rotondo che non ci impone dei “border”, cresciamo nella ricerca di un’autoaffermazione che ci ha spinti lontani da casa. Siamo liberi e fluttuanti nel Web che non conosce limiti e confini, dove tutto si riduce e si allarga, si perde e si ritrova nella minima percezione di un click. Viviamo su voli low-cost che ci teletrasportano in qualunque posto del mondo, abbiamo sincronizzato le nostre vite tra un viaggio e l’altro, abbiamo imparato ad educare i nostri i figli nella cultura del “melting-pot”, allunghiamo il nostro orizzonte con usi e costumi lontani mille miglia dal comodo divano di casa.
Ma in tutto ciò, in questo frenetico mescolio di razze, parole e respiri, si può ancora provare un senso di appartenenza che ci leghi a luoghi, affetti e tradizioni? Possiamo ancora oggi sentirci parte di comunità territorialmente più ristrette, racchiuse in un’intimità di storie, culture e tramandi, oppure dobbiamo arrenderci al richiamo della “comunità globale”? Ha senso oggi parlare di Identità?
L’argomento non è facile da affrontare perché l’ignoranza di chi vive per l’esclusione e mai per l’inclusione è sempre dietro l’angolo, il rischio di apparire anacronistici, reazionari e simpaticamente folkloristici è tanto. Il non considerare, però, il tema delle identità sarebbe un errore al pari della sua retorica esaltazione: forze politiche ultraconservatrici e fortemente identitarie sono in crescita sia in Europa che negli Stati Uniti. Far finta che sia un fenomeno passeggero, che si tratti soltanto di un rigurgito novecentesco, sarebbe uno sbaglio imperdonabile: non possiamo permettere che facili derive populistiche possano minare i nostri valori liberali e democratici. 
Per tutelarci dobbiamo compiere un’attenta analisi, è necessario imparare cosa vuol dire identità per non confonderla con l’ignobile intolleranza.
Oggi una corretta “cultura sulle identità” ridurrebbe drasticamente quei muri colmi di razzismo e discriminazione che fino ad oggi non siamo riusciti ad abbattere. La consapevolezza di ciò che si è e di cosa si rappresenta è il primo passo verso una concreta integrazione: non potrò mai imparare ad accogliere l’Altro se non accolgo la conoscenza di me. Non potrò mai comprendere l’Altro se non comprendo me stesso. Perché solo conoscendo le mie debolezze vedrò l’altrui virtù. E potrò migliorarmi.
Non è vero che le identità rappresentano un elemento nocivo per le nostre società: già Eraclito tra il IV ed il V secolo a.C. affermava che dalla continua “Polemos” tra gli opposti nascesse l’armonia del “Logos”, la legge universale della natura. Dal confronto si cresce, dallo scontro anche violento tra visioni antitetiche nascono i più grandi scambi di civiltà.
Le identità si muovono nel reciproco rispetto delle proprie differenze, senza prevalere le une sulle altre. Ridurre questi concetti a logiche sterili è ciò che osserviamo nelle nostre evolute società. Chi strumentalizza, chi si ostina a confondere idee così aperte, non parla di differenze, ma di invidie e livori. Chi discrimina non è identitario, chi allontana perché in cerca di facili soluzioni è un pressappochista (per non dire uno stupido nel peggiore dei casi).
È da qui che si deve partire, ci si deve ritrovare nella salvaguardia delle identità. Bisogna porre attenzione alle diversità affinché queste avvertano la responsabilità del proprio ruolo. È necessario valorizzare la tutela dei luoghi, delle tradizioni e dei territori perché è in questi elementi che troverà la propria forza un popolo. È da qui che si potrà ricostruire una coscienza sociale, morale e politica che possa trainare un paese.
Se la politica non sarà supportata da questi ideali, continueremo a rivivere la tragica realtà quotidiana, dove le idee sono sostituite dagli egoismi dei singoli, dove la passione civica è stata sbranata dalla fame di potere e di denaro. Quando manca una coscienza collettiva, assistiamo impietriti alla disgregazione della nostra società civile che lascia il posto all’antipolitica dei populismi.
“La politica è il luogo di sintesi in cui masse di individui si sentono popolo, partecipano alla vita pubblica, sentono di appartenere a una polis, pur senza escludere le differenze” direbbe Marcello Veneziani. Nulla di più vero.
Edoardo Mauro

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