sabato 5 maggio 2018

Tiocfaidh ár lá

Robert Gerard Sands, detto Bobby e' stato politico 
ed attivista nordirlandese. Mori' in carcere il 
5 Maggio 1981 a seguito di uno sciopero
della fame contro il duro regime carcerario a cui
erano sottoposti i detenuti repubblicani
Nel giorno del sacrificio di Bobby Sands (5 maggio 1981) morto durante uno sciopero della fame iniziato per sensibilizzare il mondo intero nei confronti delle condizioni nelle quali vivevano i detenuti repubblicani voglio ricordarlo con la recensione di un bellissimo libro, scritto dalla giornalista Silvia Calamati, che parla di Bobby ma anche, soprattutto, delle donne vicine alla sua causa, quella della indipendenza dell'Irlanda del Nord dal giogo britannico.
Chi era Bobby Sands? Chi erano i suoi amici e i suoi sostenitori? Cosa ne sanno gli occidentali di quello che è accaduto nell'Irlanda del Nord occupata dagli inglesi?
Queste sono solamente alcune delle domande, complessissime, alle quali Silvia Calamati prova a rispondere nel suo libro "Le compagne di Bobby Sands" edito da Castelvecchi nel 2011. Devo ammetterlo, quando ho iniziato a leggere questo libro conoscevo a fondo la storia di Bobby Sands e del suo sacrificio, e le condizioni in cui erano costretti a vivere i repubblicani nel loro stesso paese.
Ero a conoscenza del fatto che le versioni ufficiali erano molto diverse da ciò che in realtà succedeva in quei territori, e anzi molto spesso i media per fare prima tacevano, senza rischiare di compromettersi agli occhi del colosso britannico.
Ciò che non conoscevo, e ciò che il libro mi regala, sta in tutta una serie di storie parallele a quella di Bobby. Storie fatte di disperazione, di povertà, di paura. Storie di donne che sono costrette a difendersi a mani nude per strada, che aspettano da un momento all'altro la notizia dell'arresto o dell'omicidio del proprio figlio, che salutano i propri cari quando escono di casa per andare a scuola o al lavoro e sanno che quella potrebbe essere l'ultima volta.
Bobby rappresenta un simbolo per l'Irlanda del Nord, rappresenta il simbolo di chi non si piega, di chi non abbassa la testa e di chi lotta per i propri diritti. Ma rappresenta anche il simbolo della conoscenza; grazie a lui infatti tantissimi giovani e non giovani hanno potuto conoscere (anche se in maniera marginale) quello che stava accadendo in quei territori. Probabilmente senza di lui l'Irlanda del Nord sarebbe rimasta una terra non meglio identificata sulla cartina.
Quello che l'autrice fa, in questo libro, è un'ossessiva ricerca di materiale, testimonianze, documenti, tutti con il preciso scopo di fare luce su quanto accaduto in quegli anni. Non starò qui a elencarvi i particolari delle storie anche perché alcuni sono davvero di una crudezza spregevole, ma vi racconterò piuttosto del messaggio che lancia questo libro. Nelle interviste alle donne ascoltate dalla giornalista raramente c'è voglia di vendetta. Prevale piuttosto la voglia di pace, di futuro e di speranza. Anche chi ha perso il figlio o il marito o tutta la famiglia non è armata da quell'odio per cui la morte chiama morte. Quest'opera rappresenta tutta la dignità di un popolo che, per ragioni storico-politiche, si è trovato con una dominazione quasi coloniale, in un tempo in cui la maggior parte delle colonie sono crollate, a vivere in condizioni di guerriglia giornaliera, in un periodo di relativa pace, sotto il controllo in stile big-brother di un esercito militare spietato a crudele.
La voglia di libertà di un popolo che cozza contro gli interessi, enormi, economici, militari e geo-politici. Le compagne di Bobby Sands sono tutte quelle signore che hanno vissuto in prima linea questa guerra impari, che hanno difeso fino alla morte i propri figli, che sono finite anch'esse in galera con l'accusa di terrorismo sol perché non si piegavano al volere britannico, che hanno accompagnato fino alla fine i propri uomini con la speranza di conquistare un giorno la libertà. Il libro è pieno di interviste e testimonianze di donne che si sono dovute rassegnare all'idea che il proprio figlio o marito un giorno non sarebbe più tornato o nella migliore delle ipotesi sarebbe stato arrestato. E' pieno di storie in cui si evince come la falsità fosse diventata la strada maestra attraverso cui le accuse nei confronti dei repubblicani prendevano corpo e diventavano l'unica verità assoluta. Tutto ciò a discapito, ovviamente della verità. Ragazzi privati della libertà e condotti in carcere con accuse false, manomesse, grazie a depistaggi e a giudici corrotti.
L'Irlanda del Nord rappresentava per i repubblicani il più grande incubo che potesse vivere un popolo. Nel libro sono raccolte tantissime testimonianze che ci parlano di quest'incubo e che ci aprono gli occhi su come realmente sono andate le cose. Questa lettura mi lascia una sensazione di impotenza accompagnata da un disgusto per come i mass-media agiscano anche in un'epoca dominata, a parole, da democrazia e da sistemi tecnologici che permetterebbero la massima conoscenza degli eventi.
Marco De Matteis

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