domenica 4 giugno 2017

non aspettatevi Godot

“Che squillino le trombe, signori spettatori. Che inizi la commedia. Che parlino gli attori.” Che raccontino le vicende reali della tanto e da tutti, or ora, amata città del Santo Pietro. Che parlino alla gente a mo’ di acqua da sorgente, tanto i castelli di sabbia una scia di mare subito fa crollare. Che narrino, gli attori, e non altri, il proprio orizzonte.
Il sipario sta per chiudersi e di attori, su quel palco, son passati ma pochi hanno dimostrato dignità e libertà d’azione. Le maschere hanno dominato perché c’è chi crede ancora che la gente li possa credere ancora. Cambi repentini di abiti da scena pur di non respirare l’aria chiusa delle quinte tenebrose. Urla inutili e schiamazzi personali, oltremodo esagerati, per parlare di ciò che si ama. Eppure l’amore va sussurrato, raccontato, spiegato, capito, aiutato. L’amore per la propria città va elegantemente rispettato.
Così, all’improvviso, appare il deus ex machina a tentare di salvare la commedia ormai divenuta tragica e irrecuperabile, per risolvere una situazione intricata e apparentemente senza possibile via di uscita. La divinità di turno che la propria fama introduce su quel palco e che, di fatto, finisce col mettere il cappello sugli attori presenti in scena. Perché quando la trama scarseggia e gli attori dimenticano il copione, non resta che chiedere aiuto a dio. Poi, però, quell’aiuto va restituito. Sempre e comunque. E sempre che di aiuto si sia trattato.
Salire sul palcoscenico della propria città richiede una consapevolezza naturale di saper parlare al proprio pubblico, senza artefici e citazioni, senza paure ma con la giusta emozione e commozione. Salire sul palcoscenico della propria città è mettersi a nudo. Il parlamentare di turno o il personaggio politico “di spessore” che arriva calpestando il tappeto rosso, senza conoscere minimante l’ordita trama di Galatina, se non citata e stilizzata in poche parole… spiegassero a voi spettatori il senso di quell’entrata sul palco! Il furore del colpo di scena inaspettato che si tinge di stupore ma priva di senso tutto il resto.
Galatina ha accolto, come solo Lei sa fare, i “personaggetti” che invitavano e incitavano al voto per questa città. E neppure fosse la più squallida donnaccia di sempre, come al solito Galatina viene usata e abbandonata. Quando capiremo che lo spettacolo della campagna elettorale è solo Galatina e le sue frazioni. Quando capiremo che il clamore per l’ospitata fa solo squillare le trombe senza suonare alcuna sinfonia. Quando capiremo che è certo cosa buona confrontarsi con gli altri ma mai piegarsi. Solo il racconto di un’esperienza concreta di politica vera e attiva e solo l’esempio di ciò che in altre realtà si è già fatto e che si continuerà a fare, solo questo può essere il motivo per cui Galatina possa lasciare il palcoscenico ad altri attori. Perché da quei monologhi si può imparare. Il resto, parole. Perché da quei monologhi si rimane liberi. Il resto, burattini da scena.  
Cristina Dettu'

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