martedì 20 giugno 2017

io non ho paura

Le notizie scorrono sullo schermo dell’IPhone attraverso la punta dell’indice, mentre aspetto che il caffè si raffreddi. Leggo di Leoluca Orlando sindaco per la quinta volta a Palermo. Leggo del ritorno di Berlusconi in tandem con la Lega Nord. Leggo di Prodi che potrebbe riaccendere i motori per guidare una sinistra persa e disillusa. Indirizzo lo sguardo verso il calendario. No, non siamo nel 1994. È sicuramente il 2017.
We are back to the future dear Marty McFly. L’aria che si respira ha lo stesso odore di quelle cassapanche che lasci in soffitta, in balia delle tarme e di un ricordo che sfuma fino a quando non le ritrovi. Nei nostri comuni, il quotidiano più vicino a noi, riapriamo e acclamiamo questi mausolei di una memoria che faremmo bene a dimenticare.
Ed è chiara l’inquietudine che scuote febbrilmente questa tornata elettorale. Perché sta accedendo tutto ciò? Perché ci stiamo facendo condizionare da questa insensata nostalgia canaglia? Perché riportare l’orologio indietro negli anni, per riprendere un passato di cui ricordiamo più gli aspetti negativi che quelli postivi? Perché continuare a sperare in una politica che fino ad ora è stata intrisa di scandali e conflitti d’interesse?
La risposta risiede in un’inconfessabile paura. Quella fottuta paura che abbiamo avuto dopo esserci svegliati ed aver visto le nostre realtà disastrate, stuprate nelle loro più limpide sicurezze. Senza lavoro, senza futuro, senza prospettive. E troppo spesso, ci siamo rivolti a chi elargisce false soluzioni, a chi svende indulgenze per colpe non nostre, a chi spera di cibarsi delle incertezze per accrescere i propri interessi.
Anche noi, lillipuziani del leccese, abbiamo avvertito negli ultimi mesi il fiato sul collo di questo scenario alquanto allarmante. Nemmeno noi siamo esenti da questa angoscia esistenziale. Abbiamo vissuto una campagna elettorale sull’onda della paura, in una situazione di pre-dissesto finanziario. Le promesse di risanamento (fattibili o meno non ha importanza) hanno sorretto i fili del teatrino per la corsa a Palazzo Orsini. Anche qui i soliti venditori di fumo hanno tentato invano di ritornare a venderci le loro bugie. Per fortuna non ci sono riusciti, perché il risultato dell’11 Giugno parla chiaro, dimostrando che qualcosa in questo nostro profondo sud si sta muovendo. Qualcosa sta cambiando. Dopo aver bloccato al primo turno quattro pretendenti alla poltrona di sindaco, la scelta oggi a Galatina viaggia su due binari, su due antitetiche visioni che oramai trascendono il politico e l’amministrativo.
La prima è ancorata ad un passato ricolmo di ombre, di castelli di carte che sono sul punto di venir giù, di un fare che guarda al risultato e non al progetto, di un insieme di numeri e non di nomi. Che ricerca il suo modus nella calunnia e nella becera provocazione. Che ritrova nel vecchio, sotto le mentite spoglie della trasversalità, l’inciucio e le promesse incatenanti, le benedizioni dall’alto e i vincoli di partito.
La seconda, la nostra, guarda ad una classe dirigente che con responsabilità decide di mettersi a disposizione, che trova la sua forza nel gruppo e non nel singolo, che vede in Marcello Amante non un capo ma un leader. Che crede fermamente di poter risvegliare Galatina dal torpore che da troppo tempo persiste, nella consapevolezza di ciò che sarà necessario fare. Una classe dirigente che si sente protagonista di quel cambiamento che ci ricondurrà a credere in noi stessi, nelle nostre peculiarità, nella nostra bellezza.
Il 25 Giugno ci chiederanno se vogliamo continuare a subire la paura, nel grigiore di un vittimismo che sono stanco di sentire, oppure se invece vogliamo iniziare a combattere, facendoci strada nella follia di un’idea, sotto la guida di chi avrà il coraggio di farlo. Insieme.
Edoardo Mauro

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