€.1.192,24: indennità lorda di un assessore comunale. Risultato di una riduzione del 10% per esigenze di coordinamento della finanza pubblica, come stabilito dall'art. 1 comma 54 della L. n. 266/2005, a cui si aggiunge un'ulteriore riduzione, di origine discrezionale, del 5% decisa all'unanimità dall'Esecutivo.
Diceva Paolo Borsellino, un grande uomo in grado di entrare nelle viscere di ogni ragazzo, "a fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l'esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato". E parlava un uomo che ha donato e sacrificato la sua vita allo Stato.
Lavorare in Procura o in una Pubblica Amministrazione è molto simile. In entrambi i casi si lavora per il bene della Repubblica seppur nelle sue diverse forme. La passione, l'entusiasmo, il sacrificio e la totale dedizione per il bene comune non possono celare la natura lavorativa dello studio e delle opere messe in atto.
A ragion di logica non varrebbe la pena trascurare il proprio lavoro di sempre, relegare in un angolo l’obiettivo per cui si studia da anni, chiedere alla famiglia pazienza e comprensione se la casa ormai è prevalentemente quella comunale.
Di sola passione non si vive ed è giusto, nel senso letterale del termine, che quel tipo di lavoro abbia un’adeguata retribuzione. Equa e confacente con il bilancio del Comune: “stranamente” stiamo parlando di persone responsabili, che giammai metterebbero a rischio l'integrità dell'Ente in favore di qualche centinaia di euro. Per non parlare della quota irrisoria di gettone di presenza spettante ai consiglieri comunali, baluardo prezioso. Quel gettone al centro delle "dichiarazioni di rinuncia" che riempiono la bocca di chi le pronuncia ma non le casse del comune che le recupera; quel gettone che, seppur misero, riconosce "dignità di lavoro" ad un'attività che non è né sarà mai andare in aula ad alzare la mano; quel gettone - o quello stipendio - che, negli intendimenti di chi lo istituì, doveva permettere a chi non possedeva rendite di poter dedicarsi alla cosa pubblica. Già, perché la politica è e deve poter essere alla portata di tutti, senza distinzione di sesso, di età, di confessione religiosa, di razza... e di condizione socio-economica. Pretendere, come certa retorica da quattro soldi pretende, di rinunciare allo stipendio ha una conseguenza ben determinata: ad avere la possibilità di fare politica restano i ricchi e i ladri. Poi qualcuno può anche ritenere che ciò sia opportuno, noi no. Noi crediamo che la democrazia debba essere alla portata di tutti e che liberare dal bisogno colui che dedica la maggior parte della giornata agli impegni istituzionali sia una garanzia di indipendenza ma soprattutto sia profondamente giusto. Certo, in un'epoca di stage di formazione senza retribuzione e di tirocini professionali gratuiti, affermare che "il lavoro vada retribuito" rischia di essere un pensiero rivoluzionario e poco attraente per il pensiero unico dominante. Ma crediamo che il rischio vada corso. Crediamo che la politica debba anche affermare idee e non solo lisciare il pelo alla massa con spicciola demagogia secondo l'algoritmo del momento. Crediamo che la politica debba avere anche una sua specifica funzione educativa.
Il confine tra demagogia ed educazione è sottile. La prima fa sgranare gli occhi ed invita ad applausi scroscianti. La seconda urla alla democrazia, intesa come ragione e partecipazione.
Il bene del Comune di Galatina non lo si fa rinunciando all'indennità, ma lavorando senza perseguire alcun interesse personale, lontani dal clientelismo e dalla corruzione. Il bene lo si fa controllando assiduamente nascita ed esistenza dei lavori, eludendo il rischio che tutto scorra inesorabilmente e senza un modus vivendi improntato all'assoluta legalità.
Il nostro esame di coscienza è costante. In primis, in nome della nostra coscienza. Per l'educazione donataci. Per la Città intera. Tanto solo l'io e il me di ognuno di noi sa che anche nei sogni si continua a lavorare. Almeno quello è senza retribuzione.
Cristina Dettù
Pierantonio De Matteis
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