venerdì 4 novembre 2016

su "le lupe", romanzo di Flavia Perina

Flavia Perina, Le lupe, Baldini&Castoldi, 2016
John King, geniale scrittore della chemical generation, autore tra le altre cose della trilogia sul calcio (fedeli alla tribù, cacciatori di tese e fuori casa), fa dire ad uno suo protagonista che "gli sbirri non sono che una tifoseria come le altre, con l'unica differenza che non pagano mai per ciò che fanno" (la citazione è più o meno a memoria). Ecco, è come se in Flaminia, la protagonista del romanzo di Flavia Perina, questo concetto fosse non solo ben stampato in testa ma anche digerito per bene dal non farle mai, in nessun momento, passare per la testa il fidiamoci-della-giustizia. È finita troppo chiaro a Flaminia che sono troppi i Gabriele Sandri, gli Stefano Androvaldi, gli Stefano Cucchi in questo paese per poter anche solo sospettare che questa volta possa andare diversamente. Ma il suo merito più grande è quello di dirlo fuori dai denti, senza finti moralismi, senza preoccuparsi della forma; “vedo il ritratto mostruoso di un inconsapevole, lontano mille miglia da ogni senso di colpa. E' un cretino qualsiasi. Se facesse il bidello, o l'autista, o il manovale, sarebbe ugualmente bovino, e però non dormirebbe da tre notti, come me, nel terrore di sentire bussare alla porta. Ma fa il poliziotto, è lui quello che bussa alla porta, quindi può risparmiarsi anche l'insonnia ed è per questo che alla fine mi gira la testa. L'impotenza che provo mi fa pulsare le tempie come un tamburo.”
E poi c'è la poesia di un mondo che fa quadrato, che anche dopo anni di lontananza al primo sguardo, senza nemmeno bisogno di parole, sa perfettamente cosa può fare e lo fa, un mondo lontano nel tempo, un mondo che forse ognuno di noi vorrebbe avere come ultima risorsa sulla quale poter sempre contare. Un mondo diverso e distante da "ciò che con la vita si diventa" ma che più della realtà quotidiana ti conosce e ti soccorre. Un mondo umano e politico che viene descritto con una lucidità fuori da quella retorica che in questi anni ci ha ammorbato; “erano persone finite quasi per caso nel recinto sempre più stretto della destra, dove convivevano per necessità di sopravvivenza tribù improbabili ed assolutamente incompatibili: i matti di Civiltà Cattolica che menavano col crocefisso e i pagani che sacrificavano galli neri al Solstizio d’Inverno, i seguaci del culto di Mitra e quelli di monsignor Lefevre, orientalisti e futuristi, punk e cover-band beatlesiane, Evoliani e Gentiliani, ecologisti e operaisti, steineriani e monarchici, che una volta saltata la riserva indiana sarebbero finiti a pascolare ciascuno per conto suo senza rimpianti.”
Le lupe, il romanzo edito da Baldini&Castoldi, è anche questo. E’ la storia di un’ingiustizia e della reazione di una madre che non si rassegna a vedere le cose andare come devono andare. Ma quello che più ferisce è che la storia dell’ingiustizia e della dinamica degli eventi è assolutamente credibile e compatibile con la realtà che viviamo. Il pugno nello stomaco lo senti arrivare dritto e preciso quando capisci che sì, è già successo, non è solo una storia romanzata, è così che vanno le cose. Ed il romanzo forse è il mezzo di denuncia sociale più forte a disposizione, più forte dell’inchiesta giornalistica, del servizio in prima serata, dell’immagine di quel ragazzo sbattuta in prima pagina. E dopo quel pugno resti tramortito, perché quella storia ti resta dentro e attraverso quella storia leggi la realtà in maniera diversa, più vera, più umana. Nelle contabilità delle guerra, i morti nemici sono numeri, i morti amici invece hanno storie, vite, relazioni… ecco, Flavia Perina racconta la storia, la vita, le relazioni di uno di quei numeri.

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