Chi alla fine l’ha spuntata, è stato lui. Michele Emiliano, l’ex magistrato ed ex sindaco di Bari, oggi è per la seconda volta presidente della regione Puglia.
E’ stato già detto più volte, questa campagna elettorale è stata strana, nuova e (speriamo) unica nel suo genere. Non solo per la situazione dettata dall’emergenza sanitaria, ma soprattutto perché queste regionali pugliesi mettevano in scena alcune sottotrame. In primis, il definitivo spostamento di una politica che cambia per una svolta assolutamente pragmatica. Emiliano vince perché è stato polo di convergenza di diverse anime. L’ex sindaco forzista di Bari Di Cagno Abbrescia, Massimo Cassano a Brindisi, Totò Ruggeri a Lecce: queste alcune delle personalità di spicco che dal mondo della destra sono migrate nel “modello emiliano”. L’ex presidente non è andato molto per il sottile, aveva ben chiaro che per vincere era necessario una squadra, già decimata dalla fuoriuscita renziana e dal mancato tandem con i cinque stelle, super competitiva. Ed oggi, a risultato acquisito, appare chiaro che ogni pedina è stata al proprio posto, ogni singolo candidato è stato funzionale al progetto.
Anche Raffale Fitto ha tentato di accaparrarsi menti e voti al di là della barricata (vedi il cambio di casacca di Leo di Gioia e Napoleone Cera in Capitanata) ma il tutto in misura minore rispetto al suo competitor. Perché?
Ed eccoci al secondo aspetto, la seconda traccia che, secondo chi scrive, andrebbe analizzata con attenzione in queste elezioni regionali: l’immagine del candidato presidente.
Su chi fosse per il centrosinistra il candidato presidente, non c’erano dubbi ormai da tempo. Nonostante la formalità delle primarie regionali (peraltro stravinte) Michele Emiliano ha avuto dalla sua il fattore tempo: ha iniziato a muoversi sin da subito, imponendosi nell’intera sinistra regionale. Superata la formalità della leadership, l’ex presidente ha potuto costruire nel tempo il suo personale profilo: Emiliano ha voluto raccontarsi prima come amministratore e poi come politico. Prima Sindaco di Puglia e poi Presidente di Regione. Ed è per questo che il suo più grande sostegno è arrivato in gran parte dall’interno delle amministrazioni comunali. Sindaci, assessori e consiglieri hanno intrapreso campagne elettorali personali, in prima linea in sostegno del presidente uscente. Una scelta che, a quanto pare, ha pagato.
Tutto il contrario, invece, nel centrodestra pugliese. Raffaele Fitto ritorna ad essere il candidato presidente dopo il prolungarsi di non poche polemiche interne. Probabilmente per questo, la sua candidatura nasce già compromessa in grembo. E in ritardo sulla tabella di marcia di una breve campagna elettorale.
Fitto ha cercato di dipingere un’immagine di sé che non gli apparitene, mascherandosi dietro l’ultimo dei suoi partiti, in contraddizione con il suo vissuto e la sua storia. Lui, democristiano di stirpe in sella a Fratelli d’Italia, riesce a strappare la sua candidatura tramite un’imposizione dall’alto. Racconta di voler risanare la sanità pugliese. Giusto e condivisibile. Si dimentica, però, delle non poche responsabilità della sua gestione.
Di Fitto, poi, se ne sapeva ormai poco da queste parti. Lo avevamo lasciato a Roma e poi a Bruxelles. Ed il mancato rapporto diretto con il territorio, ritrovato solo durante la competizione elettorale, è stata sicuramente una della chiavi di lettura della sua sconfitta (è indicativo il fatto che si sia registrato tra i voti al presidente e quelli della coalizione una certa discordanza).
A Lecce le novità assolute sono tre. Alessandro Delli Noci, vice sindaco di Lecce, sbanca e convince il Salento con oltre 17mila preferenze nella lista Con Emiliano. Segue Donato Metallo, enfant prodige di Racale, che con 16.847 preferenze riesce ad ottenere il primato all’interno del Partito Democratico su Loredana Capone e Sergio Blasi. L’ultima novità: si tratta di Paolo Pagliaro, fondatore del Movimento Regione Salento. L’editore di Telerama riesce a concretizzare nelle sue quasi 10mila preferenze il grande radicamento nel leccese del suo movimento. Sarà interessante capire come riuscirà a coinvolgere nel panorama regionale le istanze dell’autonomia salentina.
E a Galatina? Nessuno di candidati in gioco è riuscito a spuntare un pass per il consiglio regionale. In molte circostanze è mancato il gioco di squadra e come spesso è accaduto, i particolarismi prevalgono sulla capacità di fare gruppo. Un film che tante volte abbiamo visto e che ancora oggi ci dimostra l’errore di certe scelte. Chi scrive, rivendica con orgoglio il sostegno ad un progetto portato avanti controcorrente. Per noi del circolo cittadino di Andare Oltre Galtina, la scelta di candidare Sara Musardo nasceva da un’esigenza di confronto all’interno della competizione elettorale nelle vesti di un concreto soggetto politico, una realtà attiva e di mutuo sostegno nei confronti di ogni singola individualità all’interno del nostro gruppo.
Siamo molto contenti dei 712 voti ottenuti. Nonostante l’inesperienza in un contesto come quello elettorale la nostra candidata non ha per nulla sfigurato, dimostrando che i buoni risultati si possono ottenere anche seguendo una via alternativa rispetto alle scelte fatte finora.
Mi piacerebbe che la nostra esperienza, anche se conclusasi con una non-elezione, possa essere da monito per chi in futuro abbia intenzione di rappresentare la nostra città altrove. Ciò che farà la differenza saranno dei progetti tangibili, che vadano a rappresentare e non a dividere. Che vadano oltre le singolarità dei pochi ed alcune ciniche posizioni di gran parte dell’attuale classe politica. Quello che oggi manca al nostro piccolo scenario, è una visione verso il futuro. Restituiamola ricominciando sul serio a fare Politica.
Edoardo Mauro